Viene spontaneo pensare che la filosofia, a causa della sua estrema nobiltà, non debba mescolarsi con il denaro, che viene associato spesso a qualcosa di volgare. Inoltre si pensa che la filosofia, per la sua importanza collettiva e per la sua impalpabile astrazione, possa e debba essere erogata gratuitamente alle persone, senza bisogno di un corrispettivo in denaro.
Sono due pregiudizi che hanno spesso rallentato e inibito lo sviluppo della filosofia. Riguardo al primo punto, Aristotele nell’Etica Nicomachea diceva che il denaro non è di per sè buono o cattivo, nobile o volgare, ma lo è a seconda del suo scopo, del suo uso finale. Se il denaro viene speso per imparare a pensare filosoficamente, che è un fine nobile, si può quindi dire che quel denaro sia speso nobilmente.
Riguardo al secondo punto, bisogna comprendere che la filosofia non è un oggetto, ma una pratica, un’azione. Non esiste astrattamente l’oggetto “filosofia”, che può essere regalato come si regala un’automobile, ma un insieme di pratiche, che sono: leggere la filosofia, scrivere di filosofia, dialogare insieme sulla filosofia, insegnare filosofia, ascoltare la filosofia, guardare un video che racconta la filosofia, ecc. Ognuna di queste pratiche è concreta, e richiede un certo lavoro, che richiede tempo, fatica, risorse materiali ed economiche; in altre parole, ha un costo. Questo costo va pagato da qualcuno, per cui la filosofia non è mai, in nessun caso, gratuita al cento per cento.
Noi crediamo che la filosofia sia assolutamente gratuita, solo perché noi personalmente non abbiamo mai speso un euro per essa direttamente, ma indirettamente l’abbiamo fatto, eccome! Gli usi tradizionali della filosofia, considerati gratuiti, sono:
- prende un libro in biblioteca di filosofia: non costa niente direttamente, ma in realtà la biblioteca ha un costo enorme (lo stipendio dei bibliotecari, l’acquisto e la manutenzione dei libri) che viene pagato dai contribuenti, e quindi da tutti noi, indirettamente.
- Imparare la filosofia al liceo: direttamente non costa nulla, ma ha un costo enorme: lo stipendio dei professori, i costi della struttura scolastica, il costo – anche se minore – dei libri di testo.
- Imparare filosofia all’università: direttamente costa parecchio, tra la retta annuale (minimo 1500€), i libri, il vitto e l’alloggio, il costo del trasporto, ecc. Indirettamente, c’è il costo della struttura universitaria, dei professori, l’edificio, i servizi, la manutenzione, i dirigenti, ecc., che paghiamo attraverso le tasse.
- Ascoltare video su piattaforme di streaming o in televisione. Ci sono due formule: o la piattaforma e il canale televisivo sono a pagamento, o hanno la pubblicità. La pubblicità sembra gratis, ma ha un costo nascosto: guardando la pubblicità, veniamo stimolati a comprare dei prodotti, il cui costo è maggiorato per far fronte proprio alle spese della pubblicità: tale maggiorazione è il costo nascosto della nostra visione di tali video; è più accettato, solo perché nascosto e indiretto, ma ciò non lo rende realmente gratuito.
- Leggere Wikipedia: questo sito vive e ha un fortissimo bisogno di donazioni, che vengono continuamente sollecitate, con un importo minimo. Senza di esse sarebbe già chiuso da molto tempo.
- Partecipare a conferenze gratuite promosse dal Comune: direttamente non costano nulla, ma la sala necessaria ha un costo elevato, che viene pagato indirettamente dalle tasse, o da sponsor privati.
In conclusione in nessun caso la filosofia è gratis: cambiano solo le modalità del pagamento. L’unica eccezione è che se ne parli tra amici, in modo informale a casa di qualcuno, ma non si tratterebbe nella maggior parte dei casi di un corso professionale e sistematico.
Perché non solo è necessario, ma anche consigliabile e utile pagare per fare filosofia? Se si mantiene l’idea che la filosofia e il denaro non debbano mai incontrarsi (anche se di fatto lo fanno sempre), si impedisce a qualunque progetto di diffusione che non sia garantito dall’amministrazione pubblica di svilupparsi. Se davvero teniamo alla filosofia invece, dobbiamo permettere alle associazioni e alle aziende di servire i cittadini fornendo loro ciò che molti desiderano: la possibilità di coltivare la passione filosofica; per fare questo però, bisogna fare del lavoro, e questo richiede denaro. Non solo bisogna permettere il pagamento, ma bisogna anche essere molto efficienti finanziariamente nella gestione del denaro, in modo da ridurre gli sprechi, e massimizzare il ritorno culturale che si può ricavare da ogni singolo euro. Si tratta di avere la massima qualità e quantità possibile di cultura, a partire da ogni euro investito.
Esiste tuttavia un rapporto vizioso tra cultura e denaro: succede quando si raccoglie denaro piegando i propri interessi culturali a quelli del lucro. Se per esempio, sicuri di guadagnare di più, abbassassimo la qualità delle lezioni, questo avrebbe due terribili conseguenze:
- Contraddirebbe il nostro scopo di diffondere bene la filosofia
- Alla lunga ci farebbe anche guadagnare meno, perché gli associati ci amerebbero di meno
Esiste quindi una sinergia virtuosa tra filosofia e denaro: in questo tipo di associazioni, ma anche in eventuali aziende, per fare bene filosofia serve del denaro, ma per fare del denaro nel lungo termine serve fare bene filosofia.